In un intervento tenutosi in occasione di un convegno organizzato dall’Ordine degli Avvocati di Roma, l’Avv. Legnani e l’Avv. Pirovano hanno affrontato il tema della Climate Neutrality, (a volte declinato come “decarbonizzazione”), tentando di affrontare la questione della transizione ecologica, seppur complessa e preoccupante, con tono pro-attivo ed energico.
All’interno dell’intervento sono state evidenziate le nuove sfide, in parte raccolte, per imprenditori e imprenditrici e le nuove sfide, da raccogliere, per professionisti e professioniste.
Una precisazione terminologica
Termini come neutralità climatica, neutralità carbonica, impatto zero, impronta di carbonio sono ormai talmente utilizzati da essere entrati nel linguaggio comune. Tuttavia non esiste una loro definizione normativa, né un’interpretazione univoca. Anzi, spesso sono utilizzati come sinonimi e intercambiabili, anche se così non è.
In linea generale raggiungere la neutralità o avere emissioni nette pari a zero significa raggiungere un equilibrio tra le emissioni generate, direttamente o indirettamente, e la loro rimozione, il loro stoccaggio, il loro assorbimento o la compensazione con un’equivalente quantità di gas.
Quando si parla di neutralità carbonica ci si riferisce esclusivamente a processi di neutralizzazione delle emissioni di CO2; la neutralità climatica, invece, prende in considerazione le emissioni di tutti i gas a effetto serra, quindi non solo anidride carbonica, ma anche ozono, metano, protossido di azoto, ed altri gas a effetto serra.
L’espressione sicuramente più conosciuta è “impronta di carbonio”, ed è anche quella che crea maggiore confusione. Diversamente da quanto si può essere portati a pensare, l’impronta di carbonio stima e misura le emissioni di gas a effetto serra (tutti, quindi, non solo anidride carbonica) della realizzazione di un prodotto, dell’erogazione di un servizio, di un’azienda o di un sistema produttivo e quindi l’impatto di ciascuna di queste attività sul clima, ed è il primo passo per adottare una strategia di riduzione delle emissioni ed eventuale compensazione attraverso progetti a tutela del clima.
Le nuove sfide per imprenditori e imprenditrici
La spinta maggiore verso il cambiamento nei confronti del clima arriva non tanto dall’alto dei legislatori e dei Governi, come imposizione, ma dal basso come presa di coscienza sociale e richiesta a gran voce da parte degli end-users.
Così si può assistere alla nascita di un nuovo mercato:
- si affacciano e si propongono soggetti che offrono la propria consulenza ed expertise per misurare-ridurre-compensare le emissioni generate privati e aziende
- si punta alla promozione di progetti a favore e a tutela del clima, principalmente in Paesi in via di sviluppo, ma abbiamo esempi di progetti anche in Italia
- le imprese spontaneamente si aggregano, per raggiungere un altissimo obiettivo comune
- sono elaborati sistemi di scambio, affinché i più virtuosi nella lotta al cambiamento climatico possano aiutare e trainare le realtà meno capaci.
Conseguenza immediata e diretta di questo nuovo mercato è l’apertura di nuovi canali di comunicazione, la creazione di nuovi rapporti contrattuali e nuove relazioni (sempre più orientate al lungo termine), l’offerta di nuovi servizi, la creazione di partnership verso obiettivi comuni anche esterni ed estranei ai propri modelli di business.
Un ruolo fondamentale lo può giocare la tecnologia: si pensi alla mobilità elettrica, agli impianti di efficientamento energetico intelligenti, le fonti energetiche rinnovabili, i sistemi di economia circolare e rigenerativa. I margini e la potenzialità di sviluppare tecnologie green e che ci aiutino nella transizione ecologica sono ampi e assolutamente da percorrere.
Le sfide per l’imprenditoria moderna sono molteplici, importanti e gettano di fatto le basi per ottenere, se lo vogliamo, un futuro migliore.
Le nuove sfide per professionisti e professioniste
Se è vero che esistono imprenditrici e imprenditori “nuovi”, allora è necessario che anche il e la professionista che li assiste si evolva e si trasformi.
Infatti se il ruolo del cliente nei confronti dei propri clienti è diverso, se la relazione non è più una fornitura ma è impostata in un’ottica di lungo periodo, anche il contratto che lega le due parti non può essere quello di mera fornitura o prestazione di servizi, ma deve avvicinarsi a un percorso di company collaboration e di partnership.
Se il rapporto si riequilibra nel senso di una collaborazione anziché di antagonismo, allora anche contrattualmente non ci si deve spingere a “spuntare” la clausola più vantaggiosa possibile per una parte, ma quella che contempera le reciproche posizioni e porta a raggiungere efficacemente la finalità comune.
È evidente che il cambiamento sia in atto. Tutto ciò è molto stimolante anche per i professionisti e le professioniste, che nel modo di svolgere la propria opera devono saper cogliere la sfida di questo cambiamento.