Così come la società corre spinta dall’innovazione, anche il mondo del lavoro sta cambiando velocemente sotto diversi punti di vista.
Il rafforzamento di nuove sensibilità e attitudini, lo sviluppo di nuovi approcci e la situazione pandemica che ha accelerato i processi hanno portato molte persone a cambiare il modo in cui lavorano, in alcuni casi rivedendo le proprie priorità personali e professionali.
Quello che sta già succedendo è che si cerca di lavorare sempre più per uno scopo e seguendo una passione: si parla di purpose aziendale ma anche personale, magari mettendo il fattore economico al secondo posto. Viene ricercato l’equilibrio tra lavoro e altri ambiti della propria vita e l’aggiornamento continuo in alcuni casi può avere maggior peso rispetto all’esperienza, insieme alle competenze digitali.
Infatti uno dei fattori determinanti di questo processo è proprio la tecnologia, con l’intelligenza artificiale (IA) come protagonista assoluta.
Si tratta di un argomento vasto, con enormi potenzialità e per questo controverso: l’IA è destinata a cambiare il mondo per come lo conosciamo, offrendo soluzioni innovative e velocizzando molti processi. Abbiamo assistito a svariate soluzioni in cui l’intelligenza artificiale si è rivelata perfettamente in grado di svolgere una sequenza di compiti e attività più o meno elementari con una velocità elevatissima. L’IA ha dimostrato di essere estremamente efficace nell’automatizzare compiti ripetitivi e procedimenti complessi: questa capacità può portare a notevoli miglioramenti di efficienza e produttività nelle organizzazioni.
Secondo uno studio del Parlamento Europeo, il 14% dei posti di lavoro nei paesi dell’OCSE sono automatizzabili e un altro 32% dovrebbe affrontare cambiamenti sostanziali.
Ma questo significa che l’IA sostituirà l’essere umano?
Crediamo di no, per un duplice ordine di ragioni.
La prima è che l’IA (e in particolare i sistemi di LLM – Large Language Models) è sì intelligenza, ma priva di coscienza. È un raffinato algoritmo che trova correlazioni statistiche all’interno di sequenze di numeri e dati, senza la “sensibilità” (tutta umana) di percepire e comprendere i concetti astratti che sottostanno alle stringhe numeriche elaborate.
La seconda, è che è proprio l’intelligenza umana che permette di decodificare i risultati a cui perviene quella artificiale: la potenza di calcolo e di analisi dell’IA mette a disposizione della persona informazioni elaborate velocemente (molto più velocemente rispetto a quanto qualunque essere umano potrebbe riuscire a fare), ma che devono essere interpretate e contestualizzate.
Sicuramente, l’impatto complessivo dell’IA sull’occupazione dipenderà da molti fattori, tra cui l’evoluzione delle tecnologie e degli stessi sistemi di IA, la capacità di adattamento e di apprendimento umano, e le scelte sistemiche, politiche ed economiche.
Tuttavia, siamo convinti che l’utilizzo consapevole di sistemi di IA possa soprattutto permettere alle persone di concentrarsi su compiti più creativi e strategici, migliorando l’efficienza complessiva del processo produttivo e aprendo a nuove opportunità di crescita.
Sebbene alcune mansioni possano essere automatizzate, ciò non porta necessariamente alla sostituzione dell’essere umano: al contrario, l’IA può diventare un’alleata preziosa che lavora in sinergia con le persone. Inoltre, molte applicazioni di IA sono progettate proprio per lavorare in collaborazione con gli esseri umani.
In ogni caso, le competenze umane come l’intuizione, la creatività, il pensiero critico, il problem solving, ma anche l’empatia, la comprensione emotiva rimangono fondamentali e di esclusivo appannaggio umano. Queste caratteristiche del pensiero e dell’intelligenza umani non possono essere sostituite, anzi emerge la possibilità di potenziarle grazie all’integrazione con le capacità analitiche e di calcolo dell’IA.
Non solo: l’implementazione dell’IA richiederà una riqualificazione delle persone che lavorano per adeguarsi alle nuove esigenze del mercato del lavoro.
Alcuni lavori tradizionali potrebbero essere ridisegnati o sostituiti, ma allo stesso tempo si apriranno nuove opportunità in settori emergenti legati alla stessa intelligenza artificiale.
Integrare sistemi di IA nelle attività lavorative, richiede un approccio oculato e strategico, tipico dell’agire umano: la formazione e l’aggiornamento delle competenze diventeranno sempre più cruciali per poter lavorare in modo efficace in collaborazione con l’IA, in tutti i settori.
Il controllo umano è poi ancora più fondamentale se si pensa alla necessità di dover gestire i rischi che la “rimessione” di alcune attività e decisioni aziendali ai sistemi di IA comporta.
Rischi che possono riguardare (solamente per fare degli esempi):
- protezione del know how e della privacy: poiché l’utilizzo di sistemi di IA richiede necessariamente l’accesso e l’elaborazione di grandi quantità di dati, sia aziendali sia personali, è importante non solo assicurarsi che l’IA venga implementata in conformità con le normative applicabili, ma anche configurare adeguate misure tecniche, organizzative e tecnologiche per evitare trattamenti non corretti o accessi non autorizzati ai set di dati elaborati (è recente la notizia della violazione di moltissime credenziali di accesso al famoso applicativo ChatGPT, la cui divulgazione può portare a gravi conseguenze per la privacy degli individui, furti di identità e altri tipi di frodi);
- discriminazione e bias: gli algoritmi di IA possono essere portatori (inconsapevoli) di bias o discriminazione, in considerazione dei database sulla base dei quali l’IA è stata addestrata, selezionati senza la dovuta accuratezza o volutamente programmati per riflettere (e quindi perpetuare) distorsioni strutturali. È necessario quindi monitorare attentamente il funzionamento dell’IA (soprattutto in fase di addestramento) per identificare sul nascere eventuali possibili percorsi logici discriminatori e mitigare il rischio di bias;
- il tema della responsabilità e responsabilizzazione dell’IA, che non è banale e solleva una serie di interrogativi, a partire dalla determinazione del soggetto (dotato, dal punto di vista giuridico, di “personalità”) al quale occorre risalire. Pensiamo al caso di un incidente in cui è coinvolta un’auto a guida autonoma: i danni devono essere ripagati dal proprietario dell’auto, dal costruttore o dal programmatore del sistema di guida?
- concorrenza sleale e vantaggio competitivo: la possibilità di elaborare una grande mole di informazioni, anche riguardanti propri competitor, potrebbe portare a distorsioni del mercato. In questo caso, la linea tra concorrenza sleale e acquisizione di un vantaggio competitivo è molto sottile.
AI + persona = alleanza strategica
L’intelligenza artificiale sta certamente rivoluzionando il mondo del lavoro (e lo farà sempre più nel prossimo futuro), ma abbiamo una certezza: l’asse “Persona” – come in tutti i processi innovativi – non può e non deve essere tralasciato, anzi deve essere sempre più valorizzato, per fare in modo che tecnologia e innovazione avanzino in maniera consapevole, etica e sostenibile.
La sostituzione totale dell’essere umano è un’idea forse un po’ distopica che va oltre la realtà attuale.
La collaborazione tra essere umano e macchina – se l’interazione viene gestita virtuosamente – è la chiave per ottenere risultati sorprendenti, consentendo di sfruttare al massimo il potenziale dell’IA nel mondo del lavoro.
L’IA, infatti, può migliorare l’efficienza, creare nuove opportunità e portare a ripensare alcune professioni, ma le competenze strettamente umane (e che ci rendono umani) rimangono insostituibili.